SCICLI (Di Bartolo Iacono)- Il sette giugno 1970 si tennero le elezioni amministrative. Gli espulsi dal PCI, seguiti da un buon numero di dirigenti e militanti, diedero vita ad una nuova formazione politica locale e presentarono una loro lista. La lista Scicli Nuova (questo il nome che si era data la nuova compagine politica) che venne subito battezzata come “ lista Garibaldi”, dal simbolo di lista che riproponeva l’icona della “testa di Garibaldi”, cara all’elettorato di sinistra e comunista in particolare, ebbe un importante successo, segno che i protagonisti di quella vicenda politica ed in particolare Cartia, Firullo, Giovanni Occhipinti, Luigi Piccione e gli altri, avevano un grande consenso popolare nella Scicli in via di trasformazione sociale. E’ evidente, proprio dalle dimensioni dl successo elettorale, che la disputa interna al PCI non era una diatriba interna tra dirigenti per le “poltrone” ma si trattava di una vera e propria disputa politica tra diverse visioni politiche contrapposte e che le ragioni che portarono alla scissione avevano una loro profonda rilevanza e radice nel tessuto sociale della Città e nelle trasformazioni sociali in atto. La “lista Garibaldi” conquistò ben sei seggi in consiglio comunale compreso un eletto indipendente repubblicano, il geom. Vincenzo Ruta. Il PCI conquistò dieci seggi, quattro il PSI, che ne aveva tre, nove la DC, che ne aveva dieci , due, il prof. Xiumè e l’ing. Magro, la lista civica di destra (PLI MSI, ) che era presente con un solo consigliere comunale eletto nel PLI, il PSIUP confermò il suo unico consigliere (Giuseppe Trovato).
Si avviò una travagliata legislatura che venne caratterizzata dal drastico ridimensionamento del ruolo del PCI che fino a quel momento senza soluzione di continuità dal 1952 aveva sempre espresso il Sindaco. Alla carica di Sindaco si alternarono il dott. Michele Blandino, socialista, primo sindaco socialista dal dopoguerra, ed il prof. Carmelo Ventura, socialista anch’esso, a capo di maggioranze che comunque vedevano il PCI e gli scissionisti di “Garibaldi” organici,a vario titolo, alla maggioranza. Per la prima volta dopo il 1952 non era possibile formare a Scicli una maggioranza di governo di sinistra (PCI, PSI e PSIUP avevano in tutto 15 seggi, due in meno rispetto alla maggioranza di 17 consiglieri necessaria). L’apporto, dunque, del consigliere repubblicano eletto con la lista Garibaldi e degli stessi esponenti della lista Garibaldi era indipensabile per la formazione di maggioranze di sinistra. Nel frattempo, dopo i primi due anni di legislatura, si era verificata una svolta anche dentro il PCI. Nell’ottobre del 1972, infatti, venne in parte ricucito lo strappo interno al PCI e tre consiglieri comunali eletti con Scicli Nuova – Garibaldi ( Piccione e Occhipinti, entrambi di Donnalucata, e Adamo) rientrarono con tutti gli onori nel PCI nel corso di una pubblica assemblea presieduta dal Sen. Paolo Bufalini della direzione nazionale del PCI ( a dimostrazione di quanto la vicenda politica del PCI di Scicli fosse stata oggetto di attenzione dai vertici nazionali del Partito ). Rimasero fuori Cartia e Firullo che, poi, come si vedrà contribuirono da protagonisti assieme al geom. Vincenzo Ruta, repubblicano ma eletto nella lista “Garibaldi”, alla formazione della prima maggioranza di centro sinistra a Scicli che governò per l’ultimo anno di legislatura. Nel giugno del 1973, al culmine dell’ennesima crisi politica interna alla maggioranza il PCI, che era forte dei tre nuovi ingressi e che poteva quindi contare su 13 consiglieri comunali, cadde nella aperta provocazione del PSI che gli propose pubblicamente di formare un monocolore a guida comunista con garanzia dell’appoggio esterno. I comunisti in quella occasione avevano accusato il PSI di volere la crisi a tutti i costi e di non consentire la formazione di una nuova maggioranza di sinistra che, a questo punto, forte dei nuovi numeri, il PCI rivendicava di guidare. La risposta dei socialisti fu quella di cui abbiamo detto e venne sintetizzata in un manifesto pubblico che chiudeva dicendo “Comunisti, dateci il nome di un sindaco e di sei assessori e noi li voteremo !”. Venne eletto Sindaco il geom. Angelo Trovato con una giunta tutta comunista compreso il rappresentante dell’ex PSIUP ora confluito nel PCI, partito dal quale qualche anno dopo venne espulso (il PSIUP si era sciolto a livello nazionale dopo il mancato raggiungimento del quorum alle elezioni politiche del 1972 ed il consigliere Trovato del PSIUP aveva aderito al PCI) . Un monocolore minoritario con l’appoggio esterno dichiarato, ma scarsamente convinto e motivato, dei socialisti. Era a tutti evidente che quella esperienza sarebbe durata ben poco e così in effetti fu ( poco più di sei mesi) , ma fu anche una esperienza apripista rispetto a quello che fino a pochi anni prima era inimmaginabile a Scicli e che era già nella testa dei dirigenti del PSI. Nel febbraio del 1974 si formò la prima maggioranza di centro sinistra a Scicli con il ritorno della DC in giunta e maggioranza dopo quasi un quarto di secolo. Sindaco il socialista dott. Blandino, Vice Sindaco Giuseppe Cartia e il prof. Giovanni Sgarlata assessore democristiano sostituito pochi mesi dopo dall’Avv. Raffaele Rossino, sempre democristiano. Una maggioranza composta oltre che dal PSI e dalla DC anche dal consigliere repubblicano e dai due consiglieri Firullo e Cartia, della lista Garibaldi, che erano rimasti fuori dal PCI, in tutto sedici consiglieri, ma che poteva godere della “comprensione” dei due consiglieri comunali della destra (memorabile un intervento in consiglio comunale del capogruppo del PCI che, rivolto al neoeletto sindaco, lo apostrofava “devi ricordarti compagno Blandino che se sei sindaco è grazie all’appoggio dei fascisti ! “ Il riferimento era al fatto che i due consiglieri della destra eletti nella lista civica “ Ordine, Progresso e Democrazia” ( “ a imintazza “ così era stata soprannominata la lista per avere avuto come simbolo la madonna a cavallo ) erano entrambi di espressione MSI. Si diceva poco sopra della rilevanza politica e sociale delle ragioni della scissione . Purtroppo tutti i protagonisti di quella stagione politica ed i dirigenti del PCI in particolare, secondo uno schema tipico, hanno dato vita ad una operazione silenzio e rimozione che non ha mai consentito una serie riflessione storica e politica. Nessuno ne ha voluto parlare più. Un vero peccato aver rimosso questo pezzo di storia del PCI locale, perché in effetti quella storia racconta molte cose e soprattutto narra la storia della trasformazione sociale ed economica del nostro territorio e delle trasformazioni in atto nell’Italia del boom economico, dei governi di centro sinistra e della crisi degli anni 70. Lo stesso Giuseppe Cartia, che ha pubblicato un suo libro di memorie, El Shiabani. Racconto di una lunga vita, non ne fa cenno. Come se la sua esperienza di dirigente politico e di Sindaco (fu Sindaco di Scicli dal 1955 fino al 1960) si fosse fermata proprio nel 1960. Eppure egli fu il principale attore politico degli anni che seguirono e fino a metà degli anni settanta e fu ancora Sindaco di Scicli nel 1969 e fino al 1970 e successivamente, tra il 1974 ed il 1975, vice Sindaco col Sindaco socialista dott. Blandino in quella esperienza di centro sinistra caratterizzata dalla esclusione del PCI dalla maggioranza e dalla giunta. Non va sottovalutato, anzi ne rappresenta il pilastro fondamentale, in questa prospettiva che la crisi del PCI di Scicli ( che sicuramente era tra le realtà politiche più importanti del Partito Comunista in Sicilia) e il travaglio che portò alla scissione, coincide con la grande trasformazione sociale ed economica degli anni sessanta e l’affermarsi di una nuova e diffusa imprenditoria agricola che sostituiva la base bracciantile del PCI che aveva caratterizzato il dopoguerra e gli anni cinquanta. Significativo è il fatto che proprio tra i protagonisti di quegli anni, accanto a Cartia e Firullo, sono da annoverarsi personalità come Giovanni Occhipinti e Luigi Piccione, che nel frattempo erano diventati il prototipo della trasformazione sociale in atto. Si tratta di contadini che, come tantissimi altri loro “colleghi” o meglio “compagni”, stavano passando dalla situazione sociale di braccianti agricoli, salariati, a quelli di imprenditori agricoli grazie alla trasformazione della produzione agricola avvenuta con l’avvento della serricultura. Non a caso infatti la roccaforte della nuova formazione politica fu proprio Donnalucata, vale a dire la borgata dove nel frattempo si erano insediati molti dei produttori agricoli locali e dove venne anche fondata la Cooperativa Risorgimento (prima esperienza di associazione in forma di cooperativa importante nella zona). Non a caso, ancora, proprio Giovanni Occhipinti e Luigi Piccione furono tra i fondatori della cooperativa Risorgimento e dello sviluppo di questa realtà che divento uno dei principali luoghi della produzione e della commercializzazione dei prodotti agricoli delle serre fini ai primi anni del terzo millennio. Speranza ed il gruppo dirigente storico del PCI non compresero (o forse, meglio, non vollero accettarne, sul piano politico, le conseguenze) le trasformazioni in atto sul piano sociale e, soprattutto, non compresero (o, anche in questo caso, non vollero accettarne sul piano politico, le conseguenze ) le novità che nella politica italiana avevano reso possibile la formazione dei governi di centro sinistra a Roma e soprattutto il ruolo centrale che il PCI si stava sempre più ritagliando nella politica nazionale (va ricordato che da li a poco a guidare il PCI venne chiamato Enrico Berlinguer, nel 1972, il protagonista della svolta del settembre 1973 con la riflessione sul Cile dopo il golpe dell’11 settembre sul settimanale di partito Rinascita, e la proposta politica del c.d. “compromesso storico” e dello strappo di qualche anno dopo, non certo indolore per una parte della base comunista, con l’Unione Sovietica sul presupposto che “.. la spinta propulsiva nata dalla rivoluzione socialista d’ottobre è venuta esaurendosi…”. Essi rimasero legati ad una visione del Partito conformata ai conflitti ed agli scenari sociali e politici dell’immediato dopoguerra. Qualcuno ricorda ancora, qualche anno prima, la grande sofferenza proprio a Scicli, in modo non dissimile di quanto accadeva in tanta parte della base comunista in tutto il Paese, di quel gruppo dirigente di fronte al processo di destalinizzazione dopo il XX Congresso del PCUS del febbraio 1956 e il discorso di Nikita Chruščëv, col quale denunciava il culto della personalità di Stalin ed i crimini di cui si era reso responsabile.. Quel discorso e quel Congresso rappresentarono un punto di svolta importante per il PCI in Italia fortemente legato, tramite il segretario Palmiro Togliatti, proprio alla figura di Stalin. Anche questa vicenda, che lacerò in tutta Italia la base del PCI, in qualche modo ha a che fare con quella crisi del PCI di Scicli sfociata nelle espulsioni prima e nella scissione poi. Giuseppe Speranza che era stato il più votato nella lista del PCI nelle elezioni comunali del 1970 abbandonò il campo della politica poco dopo, e lo fece con molta amarezza. Si dimise da consigliere comunale il 25 maggio 1971 e scelse come unico suo impegno il sindacato e la camera del lavoro. Erano gli anni in cui si affermava la c.d. autonomia sindacale con la incompatibilità tra cariche politiche e cariche sindacali (questione proposta per la prima volta dalla componente socialista della CGIL nel congresso di Bologna del 1965 e che piano piano, sia pure tra mille riserve e difficoltà di faceva largo fino ad essere codificata nei regolamenti nei primi anni 70) . Fu l’occasione per Giuseppe Speranza per defilarsi dalla politica e dalle beghe del Partito. Chi frequentava le sezioni comuniste in quegli anni può ricordare come Speranza tagliò in modo netto col Partito. Fu protagonista nel sindacato; le sue uscite pubbliche erano esclusivamente legate al suo ruolo di dirigente sindacale nella CGIL. Rimase comunista e iscritto al Partito finchè fu PCI (1991). Non aderì al PDS e partecipò solo da spettatore “deluso” al dibattito che seguì alla svolta della “Bolognina” di Occhetto. Rimase per tutti il compagno Peppino Speranza (riesce difficile capire come nessuno abbia mai pensato nella CGIL di intitolare la Camera del lavoro di Scicli proprio a Peppino Speranza …operazione che oggi si presenterebbe come tardiva essendo la Camera del Lavoro, intesa come sezione locale della CGIL, ridotta ad un ufficio di disbrigo pratiche). Con la legislatura 1970 – 1975 si chiuse definitivamente un’epoca. Le tensioni politiche e sociali si caratterizzano su altre questioni. Al centro del dibattito politico c’erano il primo piano regolatore generale (progettisti l’Arch. Colajanni e l’Ing. Sulsenti) , e l’edilizia, che più di ogni altro aveva beneficiato dei risultati della trasformazione sociale ed era diventato il settore trainante dell’economia locale anche per numero di addetti. Gli edili e la piccola imprenditoria edile è da ritenersi, infatti, la componente sociale che ha caratterizzato quegli anni. Ovviamente l’asse dell’attenzione politica si concentrava soprattutto attorno a questi temi, e sui temi dell’urbanistica e dell’edilizia si riversano tutte le tensioni politiche e amministrative. Intanto nell’agricoltura trasformata si era affermato e diffuso un nuovo soggetto economico “ibrido” ed originale come il “compartecipante “, una figura che da una parte ha le caratteristiche proprie del piccolo imprenditore agricolo (spesso il “compartecipante” era anche piccolo proprietario e gestiva contemporaneamente fondi di terzi proprietari in regime di “compartecipazione “ e fondi di sua proprietà) e da un punto di vista previdenziale godeva del trattamento del lavoratore dipendente del settore agricolo. Il risultato dell’affermarsi di questo modello di sviluppo che si basava sulla piccola a volte piccolissima proprietà agricola (altamente produttiva per via dello sfruttamento intensivo reso possibile dalla serricoltura) ha avuto una ricaduta sul settore dell’edilizia ed anche su alcune scelte compiute in seno al nuovo PRG (si pensi alla possibilità di edificazione con l’indice 0,07 mc /mq che consentì a moltissimi piccoli proprietari di realizzare, con una importante ricaduta in termini anche di occupazione nel settore dell’edilizia, nelle zone agricole coltivate a serre l’abitazione ed i locali per la lavorazione dei prodotti agricoli). Ma questo nuovo soggetto economico diffuso di fatto soppiantò il tradizionale bracciantato agricolo con una ricaduta politica certamente rilevante sulla tradizionale base elettorale del PCI. Il PCI, in controtendenza con quanto accadeva nel resto d’Italia, nella Scicli della trasformazione sociale, subisce, proprio a partire dagli anni settanta, una inesorabile lenta erosione del suo consenso elettorale e della sua influenza nella politica locale (raggiungendo però nelle tornate elettorali a carattere nazionale ancora qualche eccellente risultato). Nel frattempo cresce anche come capacità di influenza oltre che in termini elettorali il PSI. Dopo il 1975 il PCI, infatti, si trova a governare la città, solo a tratti, solo in posizione di subalternità rispetto al PSI, che quando non ha il Sindaco (quando, per esempio, alla carica di Sindaco vennero eletti l’On.le Giovanni Rossino e il prof. Guglielmo Palazzolo del PCI) ha, comunque, la maggioranza in giunta, favorito dalla rendita di posizione che gli garantiva la c.d. politica dei due forni (la possibilità di poter formare maggioranze sia con il PCI che con la DC). Anche nell’esperienza di governo (dal 1984) che il PCI fece con la DC (Sindaco Vincenzo Manenti, DC, prima e Carmelo Aquilino, PCI, poi) non si sottrasse a quel ruolo di subalternità rispetto all’alleato del momento (che lo scaricò alla prima occasione). Una crisi di rappresentanza e ancor di più di influenza che certamente ha le sue origini e cause proprio in quella trasformazione sociale ed economia del nostro territorio che non fu, ancora una volta, intercettata nella sua portata e nelle conseguenze dal gruppo dirigente comunista del tempo guidato dall’On.le Giovanni Rossino, impegnato più di ogni altra cosa in una improbabile caccia alle streghe – interne ed esterne al partito – con una clamorosa perdita di vista delle questioni fondamentali dello sviluppo, con conseguente distacco dalla realtà economica e sociale della Città e dai cittadini.
Ma questa è storia che ci porta agli anni ottanta ed oltre…e, forse, ne riparleremo.
Bartolo Iacono
PS: Ringrazio per il contributo che mi è stato offerto: Concetto Drago, vecchio militante comunista, protagonista delle sommosse del 1947 per l’imponibile di manodopera in agricoltura, Giovanni “Vannino” Occhipinti, che è in qualche modo un icona della trasformazione sociale di Scicli e del suo tessuto produttivo, da contadino ad imprenditore agricolo, e protagonista in prima persona della vicenda politica che ci ha occupato, e la giovane dottoressa Oriana Zammitti che, impegnata in una tesi di laurea di storia contemporanea ( laurea conseguita, mentre è stata in corso la pubblicazione di queste puntate, con un brillante 110 e lode) sulla figura del nonno Giuseppe Speranza, dirigente politico comunista e sindacale, mi ha coinvolto e fatto suscitare l’interesse a ripercorrere e riscoprire questo pezzo di storia e fornito preziosi elementi e fonti utili alla ricostruzione della vicenda.