SCICLI – Da alcuni anni il museo del costume ha sollevato il problema della sostenibilità economica (interamente affidata all’intervento privato) e quello degli spazi espositivi insufficienti, considerata la notevole quantità del materiale raccolto. Riguardo a quest’ultimo aspetto, c’era stata una lettera della Soprintendenza (30/6/2014) nella quale si dava atto della “reale necessità di spazi per la valorizzazione dell’esposizione e l’esigenza di una tutela degli oggetti facenti parte della mostra”. A seguito di questo iniziale interessamento, la Soprintendenza aveva predisposto gli adempimenti per tutelare la collezione, e, con decreto regionale del 9/3/2015, un primo lotto è stato sottoposto a vincolo di tutela e dichiarato di importante interesse etnoantropologico. La documentazione relativa all’intervento della Soprintendenza è stata da noi trasmessa, per conoscenza, all’amministrazione comunale attuale con PEC del 2/3/2017, chiedendo, allo stesso tempo, un incontro con gli amministratori al fine di trovare una sistemazione del museo in idonei locali comunali, e indicando il Convento del Carmine quale soluzione ottimale. La mancata risposta da parte dell’amministrazione e, soprattutto, la necessità di continuare a garantire la tutela e la salvaguardia della collezione, ci spinsero ad assumere quella che, per noi, è stata la decisione più sofferta e dolorosa: il trasferimento ad altro Ente del materiale raccolto nei venti anni di ricerca etnografica. Un incontro a ottobre del 2017, voluto dall’assessore alla cultura, e alla presenza della Direttrice del Polo Museale di Ragusa, sembrò aprire uno spiraglio. Nonostante l’impegno assunto dalla Riccotti di dare una risposta entro una settimana, non accadde, però, nulla. A dicembre del 2018 abbiamo chiesto di ridiscutere la questione. L’esame di diverse alternative non condusse, però, ad alcuna soluzione. Dopo un ulteriore temporeggiamento da parte dell’assessore, alla fine è subentrata la nostra resa. Apprendiamo, ora, con soddisfazione che l’assessore ha deciso di infrangere il muro del silenzio, comunicando di mettere a disposizione i locali di Villa Penna. Ci piacerebbe conoscere, però, se ci siano stati dei criteri tecnico-scientifici (ambienti e spazi utilizzabili, livello di umidità, ecc.) e logistici (accessibilità, ecc.) che abbiano indotto l’avvocato Riccotti a considerare idonei per il museo quei locali, da sempre scartati negli incontri precedenti. Dobbiamo ribadire, purtroppo, che questa non è una buona soluzione. Non è sufficiente lo spazio e, soprattutto, l’ambiente non è adatto alla salvaguardia e alla tutela del materiale (primo degli obiettivi museali), in gran parte tessile e, perciò, particolarmente fragile e suscettibile all’azione di numerosi fattori esterni (umidità, muffe, polveri, ecc.). Apprezziamo la volontà dichiarata dall’assessore di “dare una mano” e, perciò, la invitiamo a visitare il museo, considerato che sino ad oggi non lo ha mai fatto, per rendersi conto di persona di quanto sosteniamo. Siamo disponibili, inoltre, a fornire una documentazione – sinora mai richiesta – sulla collezione (numero di pezzi, epoca, condizioni del materiale, ecc.), così da avere piena conoscenza su quanto siamo costretti a lasciare in deposito, per mancanza di spazio espositivo.
“I locali di villa Penna, indicati dal Comune per il Museo del costume non sono adeguati”
Lo scrive in una nota la direzione dell’associazione L’isola che gestisce il sito museale di Via F.M.Penna