SCICLI – Amati figli del popolo sciclitano, che tanta parte avete nel mio cuore, torno a scrivervi dopo quasi 8 mesi dalla mia prima lettera.
Oggi vengo a voi in umiltà e sincerità, come una sorella, una figlia, o una madre… Vorrei guardare i vostri volti uno per uno… volti stanchi, arrabbiati, frustrati, delusi, spenti, e riuscire a dirvi ancora “andrà tutto bene”, ma so che non mi credereste, e forse, nella migliore delle ipotesi, lascerete cadere queste mie parole nell’oblio delle delusioni.
Il profeta Isaia domenica scorsa ci esortava così: “Consolate! Consolate il mio popolo, parlate al cuore di Gerusalemme, e gridatele che la sua tribolazione è compiuta!” (Is.40,1-2)
Un sussulto, una forza prorompente ha squarciato il Cielo sopra di me, e mi ha aperto le labbra… non posso tacere, non posso tenermi lontana da voi, mio popolo eletto, mia parte di eredità… Non ho più parole mie, se ne sono disseccate le sorgenti; col passare dei mesi e l’incalzare dei contagi, ogni congettura, ogni bel pensiero si è sciolto come neve al sole.
Ma per amore non posso tacere, non posso chiudere gli occhi e passare oltre senza tendere una mano, senza accostarmi a voi condividendo il vostro dolore e la vostra angoscia. Allora prenderò in prestito le parole di Colei che si è fidata della Parola e l’ha portata in seno come germoglio di speranza per l’umanità… la Vergine Immacolata.
Noi sciclitani siamo suoi figli, a lei fin da bambini, abbiamo rivolto canti struggenti come serenate, risvegliando il cuore all’amore suo di Madre. Se la Risurrezione, il Cristo Risorto, scorre nelle nostre vene, l’Immacolata Concezione anima il nostro respiro e si fa melodia sulle labbra.
A Lei teneramente e tenacemente, voglio affidare il Natale ormai alle porte. Lei che custodiva in fondo all’anima ogni parola e poi la saggiava al fuoco come oro nel crogiuolo, Lei che osò credere alla parola dell’Angelo, come un tempo Eva aveva creduto alla parola del serpente astuto, Lei ci aiuti in questi giorni duri a non lasciarci ingannare da parole di morte, da pensieri disperati, e da suggestioni che imprigionano l’anima.
La Vergine Immacolata ha creduto contro l’evidenza del reale… Ha creduto a un messo celeste inviato alla sua povera casa di ragazza ebrea, ha creduto al Cielo chino, in attesa di un Sì, sulla sua umile carne immacolata, ma soprattutto ha creduto a quelle parole, poche, misteriose, simili a turbine di vento e soavi melodie. “Rallegrati”, dal latino laetare, un verbo che ha la stessa radice di letame, non certo riferendosi al cattivo odore che emana, bensì alla sua azione fertilizzante, generativa… Sì, perché la gioia più grande è generare vita, e il grembo purissimo di Maria stava per gemmare il Figlio di Dio, la sorgente stessa della vita.
L’Immacolata ha creduto veramente di essere la “piena di grazia”, o come ci suggeriscono traduzioni diverse, “l’amata per sempre”, amata dall’inizio dei secoli, e riempita di amore fino alla fine dei tempi.
La Vergine è colma di amore e in lei non c’è spazio per altri sentimenti… riflesso cristallino di luce purissima. Lei ha creduto a quelle mirabili parole che scaldano gli occhi e fanno tremare l’anima per tanta degnazione…“Il Signore è con te”.
Sì, il Creatore è presso la creatura, l’immenso dentro un piccolo seno, il divino scorre nel sangue ebreo, e il Bambino cerca l’aria nel respiro della madre, indivisibili per l’eternità. Maria credette e il suo grembo si curvò. Ma poi “l’angelo partì da lei” e la fede della giovane madre si spogliò sino all’inverosimile.
Ella custodì nello scrigno del suo cuore l’annuncio divino, e dovette crederci anche quando vide Giuseppe, che amava da morire, fremere e lottare col suo orgoglio di sposo ferito; o quando, in quella notte placida d’inverno, vergine, partorì il Figlio dell’Altissimo tra la paglia e gli stenti; o quando, per l’invidia e la ferocia di Erode, si ritrovò esule in terra straniera, con un neonato da proteggere.
Ma soprattutto Maria dovette credere alle parole dell’angelo nelle lunghe ore della passione. Mentre la folla gridava crudelmente “a morte, crocifiggilo!” lei, la madre, ricordava quell’annuncio di vita “concepirai un figlio, lo darai alla luce”; quando, orribilmente sfigurato dai colpi di flagello, dissero del figlio “ecce homo”, Maria si ripeteva in cuore “sarà grande e chiamato Figlio dell’Altissimo”; e quando infine lo vide torturato e ucciso da quel legno di morte, ripeteva, con tutte le sue forze “nulla è impossibile a Dio”.
Meravigliosa nuda fede! E quando riapparvero gli angeli, alla Risurrezione, fu un’altra Maria a riceverne il lieto annunzio presso il sepolcro, perché lei, la madre, aveva ormai una fede provata, non c’era più bisogno di angeli per credere oltre la morte.
E noi? Noi figli amiamo questa donna, “madre e sposa, Regina del Cielo, più candida di un giglio”, ma crediamo come e quanto lei alle parole dell’angelo? Diciamoci la verità: spesso noi somigliamo più ad Eva, madre di tutti i viventi, e crediamo alle parole del serpente ingannatore, dimenticandoci di essere anche noi, come Maria, amati da sempre e per sempre.
Carissimi, la felicità è tutta qui, nell’accogliere i pensieri di bene che provengono da Dio, rinunciando ai pensieri di male che provengono dall’infido serpente. A chi dunque vogliamo somigliare?
Alla madre Eva che credette alla menzogna antica, quella che ti fa pensare di non essere abbastanza bella, abbastanza intelligente, degna di essere amata, o alla Vergine Immacolata che custodì nel cuore le parole dell’angelo e comprese la sua alta dignità di creatura fino al punto di farsi serva del Signore, cioè sua stretta collaboratrice?
Il segreto è racchiuso qui, e si cela qui anche la risposta a questa pandemia… Occorre credere all’amore di Dio fino alle estreme conseguenze. Attendiamo un vaccino che ci liberi dall’isolamento, dalle mascherine, dalla vita surreale dei media, per poter tornare alla normalità di un anno fa, quando il covid ci ha sorpresi e imprigionati.
Ma in realtà, a pensarci bene, le persone si sentivano sole prima dell’isolamento, erano tristi e depresse ancor prima del distanziamento sociale, e i giovani faticavano a comunicare già prima di indossare una mascherina o di incontrarsi su zoom.
A volte sembra che questo virus sia la causa di tutti i nostri mali! Certo, quello che è perduto non può più tornare indietro… le persone che non ce l’hanno fatta e sono morte da sole, le attività che hanno dovuto chiudere lasciando a casa tanti padri di famiglia, il tempo in cui siamo rimasti barricati dentro e si è quasi spezzata la vita…
Tutto questo non ci verrà più restituito. Ma forse ci siamo dimenticati che stavamo male anche quando stavamo bene, che gli anziani morivano già da soli in mezzo a tanta indifferenza, che una famiglia su tre faticava già a sbarcare il lunario, e i senzatetto erano già trattati come “invisibili”.
Eppure noi attendiamo un vaccino per tornare alla nostra vita di prima, alla stessa incapacità di amare, alla stessa fragilità, allo stesso egoismo. Ben venga il vaccino, ma con esso, arrivi pure una scorta di gioia pura, una manciata di accoglienza, e soprattutto amore fattivo da spargere a piene mani attorno a noi, così da sentirci finalmente “Fratelli tutti”.
Dice Papa Francesco: “Peggio di questa crisi c’è solo il dramma di sprecarla”. Io non ho soluzioni a buon mercato, né vuote certezze da offrirvi, ho solo un granello di fede da condividere. Oggi, Solennità dell’Immacolata Concezione di Maria, scegliamo di custodire in cuore la promessa di Dio: “non temere, io sono con te, verrò a liberarti”.
Diamo ascolto anche noi alla voce di angeli forieri di liete notizie, crediamo all’annuncio di un Dio Bambino che viene a prendere la nostra umile carne per riscattarci dalle menzogne del maligno.
“Gesù è il bacio di Dio caduto sulla Terra”, perché “Dio ama ciò che è perduto, e ridona dignità alla nostra carne resa fragile dal peccato. Non crediamo alla paura… Egli è il Dio con noi, non si vergogna della bassezza dell’uomo, vi entra dentro… Dio ama ciò che non è considerato, ciò che è insignificante, emarginato, debole, affranto.
Dove gli uomini dicono «perduto» lì Egli dice «salvato», dove gli uomini dicono «no» Egli dice «sì», con un amore ostinato, incancellabile, completamente gratuito. Dove nella nostra vita siamo finiti in una situazione in cui possiamo solo vergognarci davanti a noi stessi e davanti a Dio, dove pensiamo che anche Dio dovrebbe adesso vergognarsi di noi, dove ci sentiamo lontani da Dio come mai nella vita, proprio lì Dio ci è vicino come mai lo era stato prima, lì vuole irrompere affinchè comprendiamo il miracolo del suo Amore”. (Dietrich Bonhoeffer).
Amatissimi padri, madri, figli, fratelli, coraggio! Buttate via, col vecchio anno, i pensieri di morte, disprezzo e angoscia che vi portate dentro, e date ascolto solo alla voce di Dio che si fa Parola per noi. Egli non si stancherà mai di sussurrare al nostro cuore che siamo figli amati, come è stato amato il Figlio Gesù.
E anche se il Signore non potrà strapparci via da questo mare in tempesta, lo troveremo però sulla barca insieme a noi, inginocchiato ai piedi della nostra libertà, per colmare il nostro dolore della sua presenza.
Santo Natale, amato popolo di Scicli!
Siamo esseri natali, nascenti, votati alla vita, siamo creature, esseri in creazione (dal participio futuro del verbo creare), e, secondo alcuni studiosi, siamo fatti addirittura della stessa materia delle stelle, un impasto di polvere cosmica e di fiato divino.
Perciò non sprechiamo questo tempo di sofferenza…diventiamo ciò che siamo realmente: figli di Dio! Che gli altri, guardandoci, possano esclamare: “Tali Patri, tali figghiu”!
Accanto a voi, vostra suor Marzia