SCICLI – Amati figli del popolo di Scicli, terra benedetta di sole e Risurrezione, esperta di resilienza e condivisione, impastata di fatica e generosità… desidero profondamente farmi una con voi, anzi desidero ricollocarmi in quel posto che è il mio, accanto a tutti voi. Della terra di Sicilia custodisco il prezioso profumo di zagara, la luce vivida della primavera, e la brezza fresca del mattino di Pasqua.
In questa Settimana Santa vengo a voi con un dono, il più prezioso… porto con me l’Amico Gesù. Vi prego di lasciarlo entrare tra le vostra mura domestiche, ma ancor più, nel sacrario della vostra anima, in quella dolce intimità che sa di comunione piena. Lui non chiede nulla, solo un posto tra le vostre “cose più care” uno sguardo, una parola, un cenno anche minimo di accoglienza. Non viene a rubare nulla, né tempo, né spazio, viene invece a donare tutto, tutto sè stesso.
Il vostro cuore sia una piccola Betania! Ricordate Betania, quel piccolo villaggio, poco distante da Gerusalemme? Lì Gesù era solito recarsi per riposare il cuore e aprire lo scrigno dell’anima ai suoi tre amici: Marta, Maria e Lazzaro. Loro erano più che commensali, più che discepoli… tra loro circolava quell’amore totalmente gratuito, liberamente donato, e dolcemente ricambiato che valeva molto più delle vivande offerte… Questi tre amici erano per Gesù rifugio, custodia, e balsamo.
Ecco, vi chiedo, in questi giorni santissimi, di essere per Gesù una piccola Betania, di accoglierlo, e condividere con Lui tutto l’amore e il dolore della Passione. Nella liturgia bizantina, il sabato che precede la Domenica delle Palme viene chiamato “Sabato di Lazzaro”… nel Vangelo del giorno infatti leggiamo: “In quel tempo alcuni Giudei, alla vista di ciò che Gesù aveva compiuto (ossia la risurrezione di Lazzaro), andarono dai farisei e riferirono loro quello che Gesù aveva fatto. Da quel giorno i farisei e i sommi sacerdoti decisero di ucciderlo”. Dunque, la vita dell’amico Lazzaro valse la morte di Gesù! “Non c’è amore più grande di chi dà la vita per gli amici”.
Entriamo allora in questa grande Settimana Santa con il cuore grato di Lazzaro, con gli occhi quasi increduli per tanto amore, con la stessa sua certezza di essere amato alla follia, con l’intima gioia di avere un amico che giunge al dono della vita perché la nostra vita torni a splendere nella Risurrezione.
“Amico è colui che scava alcove nel suo cuore perché tu vi prenda dimora; amico è colui che moltiplica la vita “smezzandoti la croce”, colui che respira in sincronia col tuo respiro e colma ogni distanza per dare luce ai tuoi occhi; amico è colui che canta la melodia della tua anima e riversa in te fiumi di gioia, colui che soffia sul tuo fuoco spento e riaccende la speranza, è colui che offre pace al tuo spirito inquieto. Amico è il porto sicuro nei giorni di tempesta!”.
Gesù, in tutto simile a noi, conobbe la dolcezza ineffabile dell’amicizia. Nel Vangelo di Giovanni, parole altissime tentano di descrivere i sentimenti di Gesù alla morte dell’amico Lazzaro: “Gesù si commosse profondamente… fu molto turbato… scoppiò in pianto”. Meravigliosa umanità, kenosi abissale, icona di un Dio che per amore diviene vulnerabile, si lascia ferire dal dolore dell’amico, entra nella sua morte, la assume su di sé, scambia la sua vita con quella dell’amico amato.
Così Gesù entra nella sua passione di amore e di dolore, e così vogliamo anche noi entrare in questa Settimana Santa! Rivestiamo i panni di Lazzaro, lasciamoci amare dall’Amico, e guardiamo con infinita gratitudine al gesto folle di Gesù, che per liberarci dal male e dalla morte abbraccia la croce, vi si distende sopra, e dona la sua vita al posto nostro.
“Ogni calcio, ogni schiaffo, ogni livido, ogni sputo, ogni insulto che Ti umiliò… Era mia la vergogna, mia ogni colpa. Ogni amico, ogni bacio che ti tradì, ogni spina, ogni chiodo che ti ferì… Era mia quella sorte, mia quella morte. Su di te, Gesù, il male scritto in ogni anima. E’ su di te che, libero, il mio spirito vivrà, perché sei morto tu per me. Nell’angoscia, nel dolore, tra le lacrime, maledetto sulla croce il Re dei re… per me. Il silenzio e il tuo cuore che si fermò, quando il cielo alla notte ti abbandonò, fu per me quella morte, per me che risorse”.
Fu per me, Signore mio Gesù Cristo, che nascesti piccolo bambino a Betlemme, e ti appassionasti alla vita, a tua madre, agli amici, e poi, all’ora stabilita, l’ora delle tenebre, accogliesti, con un fremito di dolore, il rifiuto, l’ignominia, l’abbandono, lo scherno e l’indifferenza, finché, devastato dalla paura, sudasti sangue nel Getsemani… Uomo fino in fondo, umile e onniamante come solo Dio potrebbe essere. “Lì amo’ sino alla fine”.
Amò l’amico Pietro, mentre egli rapito dalla paura giurò di non conoscere quel Nazareno! Che attimi concitati, che tumulto nel cuore di quell’apostolo, il primo fra tutti… In quella manciata di secondi, lì nel Pretorio, Pietro avrà riavvolto più e più volte la pellicola della sua vita… momenti di gioia, di convivialità, di intimità vissuta all’ombra del Maestro. E poi, come destatosi da un sonno, Pietro incrocia lo sguardo amante di Gesù, quegli occhioni scuri pieni di lacrime. “ L’amore non è amato” diceva San Francesco! Ma l’amore, quello vero, “non muta quando trova mutamento”.
Se Pietro rinnegò, Giuda tradì. E Gesù amò anche Giuda, il fragile Giuda, il sognatore deluso, colui che non riusciva ad accettare un rabbi umile e pacifico, sperando forse in un finale diverso, in un atto di forza che segnasse la fine di ogni ingiustizia. Nel giardino degli ulivi Giuda rinnova il tradimento dei progenitori, Adamo ed Eva, e con un bacio consegna Gesù. Il bacio: gesto sublime che racchiude la fedeltà dell’amicizia, sigillo di bene profondo, tenera custodia di intimità.
E Gesù ama, ama ancora, ama di più, e per l’ultima volta osa chiamare Giuda “amico”, quasi a racchiudere in una sola parola gesti, sguardi, dialoghi, gioie fatiche, sogni condivisi. Ma Giuda, dinanzi a tanto ostinato amore, sprofonda nel rimorso, e in preda all’angoscia, non osa credere né sperare nel perdono del Maestro.
E anche lui, come Gesù, morirà appeso ad un albero… Mi piace immaginare che fu lo stesso legno a sorreggere Cristo e Giuda, l’uno da una parte e l’altro alle spalle del Redentore. Giuda, bisognoso di perdono, e Gesù, bisognoso di donare perdono. “Felice colpa”, canteremo nella luminosa notte di Pasqua! “Felice colpa che meritò un così grande Salvatore”. Ancora una volta l’Amico si fa prossimo, e colma la solitudine, placa la disperazione, apre squarci di luce.
Ma il momento più alto della sua amicizia con gli uomini è racchiuso nel grido straziante risuonato sul Calvario: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” Mai nessun amico è potuto scendere come Lui nell’abisso di dolore dell’altro. Meravigliosa vetta d’amore! Per stare accanto a noi, e condividere fino alle estreme conseguenze la nostra condizione umana, Gesù si è sentito separato da Dio, abbandonato dal Padre! “Si fece buio su tutta la terra”, si spense la luce dei suoi occhi… Il Padre si era volto dall’altra parte… Gesù smarrisce Dio… ora è veramente solo.
Ma non vi sembra di udire nelle parole di Gesù il grido dei discepoli che, in balia della tempesta, temono di naufragare… “Maestro, non t’importa che moriamo?” Quante volte anche nella nostra vita ci siamo sentiti perduti, pensando di affogare nel mare del dolore, e con un grido di angoscia abbiamo urlato a Dio: “Dove sei? Non ti importa nulla di me? Perché mi hai abbandonato?”.
E Gesù giunge fino a questa assurda conseguenza del suo farsi uomo, amico, Redentore… Prova la lontananza da Dio, sente tutto il peso del suo abbandono. Cosa poteva fare di più per noi?! Lì sulla croce il patto di amicizia con Lui diventa eterno. Sì, eterno, perché da lì tutto riparte, perché la morte non è l’ultima parola, il buio non è la fine, e il silenzio del sepolcro non durerà per sempre… Cristo nostra Gioia risorge, e noi con Lui, in un vortice d’amore chiamato Risurrezione!
Non sentirti più solo tu che vedi la vita andare alla deriva, non crederti abbandonato da Dio tu che combatti la malattia e il non-senso… Hai un Amico disposto a fare pazzie per te! Ti chiede solo di accoglierlo in casa tua, tra i tuoi impegni, le tue fatiche, le tue delusioni, le tue preoccupazioni per il futuro… Allora sarà veramente Pasqua, un salto dalla solitudine alla Gioia vera!
Te lo auguro dal profondo del mio cuore.
Suor Marzia