SCICLI – Soffiano due venti in città, uno a favore e l’altro contrario. Da giorni l’opinione pubblica discute sulla potenziale costruzione di un impianto eolico nel canale di Malta e a 27 km dalla costa sciclitana.
Chi ha preso posizione sull’argomento anche Legambiente Scicli “Kiafura” (“Il futuro rinnovabile passa dal vento”) e l’ex deputato regionale Orazio Ragusa (“Ancora scelte calate dall’alto, il territorio deve fare sentire la sua voce”). Le loro opinioni, contrastanti, ritraggono le principali correnti di pensiero che contraddistinguono gli schieramenti in cui si è spaccata la città.
“Allarme hanno generato in alcuni – commenta la presidente del circolo locale ambientalista, Alessia Gambuzza – le richieste, apparse sul sito della guardia costiera di Pozzallo, di concessioni demaniali marittime per la realizzazione di impianti eolici off-shore in mare”.
“Quello che desta maggiore discussione – afferma Gambuzza – è il progetto denominato ‘Scicli’, che prevede 50 aerogeneratori di tipo floating per la produzione di energia elettrica dal vento di potenza pari a 750 MW”.
La presidente sottolinea come Legambiente tutta e così anche il suo circolo locale ‘Kiafura’ di Scicli “concordino che il parametro fondamentale e da applicare in questi casi riguardi la qualità dei progetti, ovvero la capacità di coniugare la produzione di energia con le peculiarità dei territori. Oggi c’è la possibilità di realizzare gli impianti eolici al meglio, senza compromettere paesaggi o territori”.
“Relativamente all’impatto visivo e sul paesaggio – aggiunge Gambuzza – occorre osservare che dalla costa gli impianti eolici off-shore hanno un impatto ridotto e decrescente con la distanza. Un sistema da 15 MW installato a 12 km avrebbe all’orizzonte dimensione di un centimetro o poco più”.
Gambuzza fa un paragone tra la piattaforma petrolifera Vega, “un gigantesco ammasso metallico (della quale dalla costa percepiamo la sagoma nelle giornate con migliore visibilità)”, e le eventuali pale eoliche, “elementi verticali di colore bianco e di ridotta larghezza, caratteristiche che riducono ulteriormente l’impatto visivo dell’intero impianto off-shore”.
La presidente aggiunge: “A questo punto un quesito vogliamo porlo: qualcuno ha mai mosso un’osservazione per l’impatto sul paesaggio generato da Vega e dalle navi di appoggio? O ha mai riflettuto sui rischi ambientali che essa evoca nell’osservatore informato, a cominciare da quello di uno sversamento, reso sempre più possibile dall’avanzare della vetustà dell’impianto?”.
Secondo Gambuzza “questa è la corsa da intraprendere per arrivare a quella transizione ecologica, alla quale affidiamo il compito di salvare il pianeta. Se uniamo questo dato sul fabbisogno energetico a quello della irrilevanza pratica dell’impatto visivo di pale eoliche in mare, otteniamo un punto di vista serenamente favorevole agli impianti eolici off-shore, posti a considerevole distanza dalle nostre coste”.
La pensa diversamente Ragusa. “Le richieste relative alle concessioni demaniali marittime per la realizzazione di sistemi di tipo eolico, nel tratto di mare antistante la costa tra Scicli e Pozzallo – dice -, devono spingere questo territorio a darsi una mossa a verificare la propria identità e, soprattutto, ad avviare delle interlocuzioni che possano risultare le più proficue possibili, evitando che si sia costretti a fare i conti, ancora una volta, con scelte calate dall’alto”.
“Pur non avendo più un ruolo attivo – continua l’ex deputato regionale –, ritengo opportuno che si faccia qualcosa e che ci si muova lungo la direzione che, secondo molti, dovrebbe essere quella più adeguata, facendo sì che il territorio possa avviare un confronto con chi intende utilizzare il nostro mare per trarre profitti, sebbene ciò accadrà attraverso l’utilizzo di energia pulita”.
Riguardo alla questione, Ragusa ha chiesto al commissario straordinario del Libero consorzio, Salvatore Piazza, di farsi promotore di un incontro tra tutti gli enti territoriali interessati, cosicché si possa decidere una strategia comune.
“Non possiamo correre il rischio, anche stavolta, così come è accaduto in altre circostanze, di rimanere spettatori di un simile cambiamento epocale, senza riscontri specifici per la nostra provincia, che mette a disposizione il proprio habitat. Ecco perché – termina Ragusa – ritengo sia opportuno fare sentire la nostra voce”.