Elogi sull’ospedale Busacca di Scicli

“Recupero e Riabilitazione funzionale del nosocomio sciclitano: oasi nel deserto sanità in provincia di Ragusa”. Lo afferma Valeria Terranova, docente in pensione, che invia una lettera alla nostra redazione

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SCICLI – Nel panorama, a volte sconfortante, della sanità italiana può accadere al cittadino comune di gioire, quando, per vicissitudini poco piacevoli, si imbatte in ambienti ospedalieri efficienti e produttivi, di cui nemmeno ipotizzava l’esistenza.

È proprio il caso di esprimere due umilissime parole di elogio e gratitudine sincera per tutta l’equipe di un reparto, medici, infermieri e personale socio – assistenziale,  di cui fino a qualche mese fa sottovalutavo l’importanza nel territorio della provincia di Ragusa, un reparto che opera nell’ombra, da parecchi anni, veri miracoli, anche in presenza di situazioni disastrose di disabilità conclamate e con ridotti margini di speranza. Mi riferisco al reparto di Riabilitazione dell’ospedale Busacca di Scicli, diretto dal dottore Maurizio Floridia.

In questa oasi nel deserto non c’è paziente, più o meno grave, che non ne esca guarito o che non abbia recuperato alla grande le proprie disabilità in tempi ottimali.

Se in qualsiasi contesto svolgere una professione senza amore ed empatia sottrae valore e dignità a ciò che si opera, come non capire che questa affermazione è ancora più pertinente nell’ambito della sanità pubblica? Dove medici, pazienti ed operatori stanno sperimentando ogni tipo di disagio per i tagli economici e dove purtroppo si mortifica il diritto alla salute proclamato dall’articolo 32 della nostra Costituzione?

Ecco, malgrado queste difficoltà, quando si crede in qualcosa, si verificano i miracoli. Credo proprio che alla base di tanti successi di tale centro ci sia una visione, un sogno condiviso. Non si spiega altrimenti tanta eccellenza.

Ma cosa in concreto rende particolarmente piacevole la permanenza dei pazienti in questo reparto, e cosa garantisce il loro recupero ottimale? Dapprima credevo che la presenza di robot ad elevata tecnologia garantisse tali esiti, ma era una risposta troppo riduttiva e poco convincente. Ora sono sempre più convinta che sia soprattutto il clima che si respira.

Si percepisce entrando in questo reparto che la disciplina non emargina la cordialità, la competenza non umilia le fragilità, l’umanità e la condivisione. In sinergia tutto coopera insomma per realizzare un clima estremamente familiare, positivo e vitale, come pochi. Premetto che, per esperienze pregresse vissute, ho visitato parecchi altri ospedali nella mia vita, così da poter suggerire qualche confronto.

Che l’ambiente influenzi decisivamente lo stato di salute del malato era noto già nella Grecia del V secolo a. C, quando con Ippocrate di CoS si affermano quei due principi fondamentali che oggi sono alla base della medicina “olistica”: la centralità del paziente e la forza curatrice della natura (NòSON FùSEIS IETROI’… LA VIS MEDICATRIX NATURAE dei latini).

È palese a tutti quanto sia difficile operare con pazienti che dall’oggi al domani perdono pesantemente la loro integrità fisica e psichica, che spesso non accettano le cure mediche, di cui non riescono a capire la motivazione, perché non ricordano, per ovvi motivi, l’evento che ha scombinato la loro esistenza, come un ictus o una ischemia; quando frustrazione, impotenza e rabbia si traducono in atteggiamenti depressivi e oppositivi verso operatori, medici e parenti: un baratro che giorno dopo giorno corrode tutti e tutto, persino la speranza.

Ecco che allora in fondo al tunnel vedi una lucina, senti una voce che ti solleva con due semplici parole umane: “Non pianga, ci impegneremo ancora di più; ne usciremo fuori, stia tranquilla”.

E l’impegno si traduce in fatti concreti, step progressivi di accoglienza, empatia con il paziente che riprende fiducia. E nel giro di poche settimane il “nemico invisibile” perde i suoi artigli e viene confinato in un angolo, non distrutto, ma ”destabilizzato” se non altro!

In pochi giorni il paziente assimila comportamenti virtuosi, partecipa e collabora da protagonista alla sua personale ripresa, o meglio recupero. Ecco il prodotto finale, il miracolo che competenze altamente qualificate, quali sono quelle che il centro racchiude, possono operare in un clima disteso e di dialogo anche con altre strutture simili.

Ad esempio quello con l’equipe di fisioterapisti e logopedisti dell’ospedale di Reggio Calabria, diretto dal dottor Pasquale Furfari, permette periodicamente di operare confronti e scambi di esperienze che migliorano i percorsi riabilitativi dei pazienti della struttura ed accrescono la consapevolezza e l’autostima di tutti, medici, infermieri e personale socio- operativo.

Valeria Terranova

 

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