SCICLI (di Antonino Nigito) – La giornata si preannuncia torrida già dalle prime ore del mattino. È il primo agosto, data di inizio del nuovo servizio di trasporto urbano, affidato all’azienda Sais.
Mentre sono fermo sotto la pensilina di via Pirandello a Donnalucata, arriva trafelata e presa dall’ansia del varo del nuovo servizio l’assessora ai trasporti e alla mobilità urbana. A lei faccio notare il primo e il più classico degli “ostacoli”: tre automobilisti, a distanza di pochi secondi l’uno dall’altro, parcheggiano la loro auto nell’area di sosta riservata ai mezzi pubblici; per un attimo ci improvvisiamo educatori civici e li invitiamo a sostare negli appositi spazi riservati ai veicoli privati.
Ed ecco che arriva puntuale il bus di linea per Cava D’Aliga e Sampieri; mezzo smagliante nella sua nuance rosso mattone, tirato a lucido all’esterno, lindo e profumato all’interno, con aria condizionata perfettamente efficiente. Ad accogliere i passeggeri due gentilissimi operatori del servizio in divisa aziendale. Tutto dava l’idea che l’azienda incaricata avesse curato al meglio il necessario per il viaggio di inizio e che l’amministrazione comunale fosse ben intenzionata a sostenere e prestare la massima attenzione al nuovo corso del trasporto urbano.
Salgo a bordo con la mia bici pieghevole, tra lo stupore e la sorpresa dei presenti per la mia insolita iniziativa, deciso a sperimentare la doppia mobilità sostenibile (bus-bici), in veste da un lato di turista e dall’altro dello sportivo, che vuole fare attività fisica nella pista ciclabile di Sampieri – Marina di Modica.
Durante il percorso comincio ad avvertire alcuni dei benefici che non avrei sicuramente percepito se avessi usato la mia auto: non avvertivo il peso dello stress della guida, potevo godere della vista delle bellezze naturalistiche e paesaggistiche della costa e del mare (apprezzandone il valore come non lo avrei mai fatto con la guida al volante); inoltre percepivo un gradevole compiacimento per avere fatto un passo avanti nei confronti del rispetto ambientale e climatico.
E se da una parte constatavo questi effetti positivi, dall’altra, notando la poca affluenza di passeggeri (in tutto quattro di cui tre pensionati). Sentivo un senso di scoramento nel pensare quanto fosse difficile la transizione verso una mobilità ecosostenibile.
Certo, era un dato scontato, non avrei mai pensato, al primo approccio ad una problematica così complessa, di trovare subito numeri più alti. Agganciare le varie fasce di possibili futuri utenti però (pensionati, caregiver, studenti, turisti, addetti all’agricoltura e alle attività turistiche) non sarà facile per tanti motivi.
Alla base di tutto penso ci sia il fattore culturale, senza dubbio il più importante: vale come esempio per tutti l’auto, considerata ancora come un “insostituibile” mezzo per gli spostamenti, e in molti casi oggetto di “status symbol“. Ci sono poi i costi di gestione del servizio e le scarse risorse pubbliche. C’è la struttura economica territoriale, basata principalmente sulla parcellizzazione delle piccole e medie imprese agricole (e direi anche agrituristiche).
Un ruolo negativo giuoca senza dubbio anche la vastità e la frammentazione del territorio. Una cosa è certa: se tutto il predisposto dovesse reggersi ancora solo su questa solita poca utenza, è verosimile che il capitolo trasporto urbano potrebbe essere ascritto tra quelli con bilancio fortemente negativi e quindi destinato ad essere soppresso. Ma attenzione! La sua soppressione significherebbe anche la perdita di una occasione importante per una migliore qualità della vita, in favore di tutta la collettività.
Antonino Nigito
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