SCICLI – Potatura che fa “germogliare” pesanti critiche. Fa discutere nelle ultime ore l’intervento di alleggerimento della chioma a cui è stato sottoposto uno degli alberi delle aiuole di largo Gramsci.
E non si tratta una pianta qualunque. È il carrubo che venne messo a dimora nell’area verde il 23 maggio del 1993 da una delegazione di Legambiente, con la partecipazione della cittadinanza, in memoria dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, uccisi dalla mafia un anno prima. Quel piccolo arbusto si è trasformato in un rigoglioso albero di cui ora tanto si parla. Sono numerosi a giudicare negativamente le modalità con cui è stato potato. Nel brusio generale della polemica si avverte chiaramente la voce di Legambiente Scicli, che contesta duramente il lavoro svolto.
“È stata fatta una potatura sbilanciata e aggressiva. Si ripropongono – esordisce la presidente del circolo locale del ‘Cigno Verde’, Alessia Gambuzza – i problemi di sempre: chi cura gli interventi sul verde delle aree cittadine? Dietro quali indicazioni tecniche, che dovrebbero essere rese per iscritto? Chi si assume la responsabilità anche formale di queste potature?”.
Secondo Gambuzza, in tutte le città, come anche a Scicli, dovrebbe essere garantito il massimo benessere ad ogni singolo albero verde e ombreggiante, che cresce nel proprio ambito urbano.
“Occorre cura – prosegue la presidente – quando si interviene sulle piante, più attenzione e maggiore abilità. Ormai tutti sono consapevoli dell’importanza degli spazi verdi e appare superfluo elencarne i benefici. Questo carrubo, tra l’altro, è anche l’albero di Falcone e Borsellino; pertanto ulteriore e amorevole cura bisognerebbe riservargli per il valore altamente simbolico che esso rappresenta”.
Legambiente “Kiafura” si rivolge al sindaco Mario Marino, chiedendogli un atto di trasparenza che “mostri quali criteri – si legge nella nota – abbiano portato alla decisione di potare il carrubo, i metodi adottati per la potatura, i requisiti per la scelta delle maestranze e se queste risultino essere adeguatamente formate, non solo verso l’intervento canonico, ma anche al corretto impiego dei dispositivi di protezione individuale, imposti dalla legge in queste circostanze. Intendiamo sapere se tutte queste regole e scelte siano state formalizzate, quantomeno, in una relazione tecnica”.
“Ricordiamo, infine, che i Comuni italiani – termina Gambuzza – sono obbligati a soddisfare norme vigenti su tutto il territorio e che riguardano la diffusione, la tutela, il censimento degli alberi e il bilancio del verde, a inizio e fine legislatura”.
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