Pale eoliche nel mare di Cava d’Aliga, “Qualcosa di già visto”

L’analisi su una “storia” destinata a ripetersi

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SCICLI (l’opinione di Antonino Nigito) – Intorno agli anni 50, finita la fase dell’emergenza postbellica, ci fu nel nord Italia un grande rilancio della economia, grazie al riavvio di quelle fabbriche e industrie non particolarmente danneggiate dagli eventi della guerra. A svolgere il ruolo di grande fornitore energetico di questo sorprendente fenomeno fu chiamato il sud, con la Sicilia in prima linea, costretta a sobbarcarsi il peso di quella “pesante croce” dei poli petrolchimici di Priolo e Gela, in cambio del miraggio occupazionale negli stessi stabilimenti.

La scelta di quei luoghi e dintorni, per la produzione dei derivati del petrolio, fu un atto di scellerata violenza nei confronti di quel territorio, ricco di grandi risorse agricole, ambientali e storico-culturali. Furono decisioni che, dettate da opportunismo politico ed imprenditoriale e da irriguardoso atteggiamento culturale, fecero leva sulla povertà e sulla disperazione di una popolazione, vittima di una storica fragilità e contraddittorietà della struttura economica dell’Isola, aggravata dagli eventi bellici.

Quale è oggi il risultato di tutto quello che doveva essere il miracolo economico industriale? Un profondo stravolgimento e desertificazione ambientale, dove la qualità della vita dei residenti ne è stata pesantemente condizionata dall’inquinamento del suolo, del mare e dell’aria, in cui ogni disperato tentativo di recupero dei luoghi appare oggi impossibile.

L’attuale modello di economia di mercato globalizzato, posto di fronte al problema del riscaldamento climatico e alla scarsità di energia, ha dovuto affrontare la nuova sfida costituita dalla pressante ricerca di nuove fonti energetiche. Gruppi della grande finanza, approfittando di questa emergenza, stanno muovendo i loro capitali verso la costruzione di infrastrutture di energia eolica e fotovoltaica, imponendo la loro strategia imprenditoriale, con scelta dei luoghi e tipologia degli impianti.

Non a caso vengono “preferite” le aree di maggiore interesse paesaggistico ed economico produttivo del sud, secondo una vecchia logica colonialistica. E così vengono indicati (come fu per Priolo e Gela) i territori costieri e il mare del versante sud orientale della Sicilia, la cui economia poggia, soprattutto, sull’agricoltura, la pesca e il turismo; luoghi scelti anche sulla base della più o meno volontà politica e amministrativa e della più o meno rilevanza forza di opposizione.

Quelle sessantaquattro gigantesche pale eoliche (alte 250 metri), che sorgeranno lungo tutto il tratto di mare tra Pozzallo e Cava D’Aliga, rappresentano dunque il classico esempio di delocalizzazione dei grandi capitali in cerca di nuovi e massimi profitti, a danno delle terre e ambienti ancora incontaminati.

Molti sono ancora i lati oscuri di queste infrastrutture circa l’impatto in generale e soprattutto sugli ecosistemi marini (in particolare sui cetacei e specie similari); ragion per cui dovrebbe valere il principio della precauzione, che sconsiglia l’insediamento, fino a prova di evidente garanzia di sicurezza.

È noto anche che in un prossimo futuro i fondali marini, affollati da condotte sottomarine di scarichi di acque reflue, da oleodotti e condotte energetiche, nonché da cavi internet e impianti vari della ricerca scientifica, saranno le nuove frontiere dove si giocherà la sfida dell’era moderna. È previsto che, come succede già in altre parti del mondo dove esistono queste pale eoliche, gli spazi della pesca e il libero accesso al mare saranno sempre più ristretti e condizionati per la militarizzazione dei confini territoriali, degli impianti e per la lotta al cyberterrorismo. Non ci può essere cambio di status e di destinazione d’uso diverso per le tradizionali aree di pregio valore produttivo e ambientale, quali sono le nostre terre, le coste e il mare, dove millenari processi naturali di sedimentazione ne hanno determinato le peculiari caratteristiche.

Sono le aree degradate, le cave, le coperture e i tetti degli opifici e degli edifici, pubblici e privati, e tutti quegli spazi a minor impatto ambientale i più indicati ad ospitare le infrastrutture energetiche.

Chissà se le future generazioni di questo splendido lembo di terra iblea si troveranno un giorno a scrivere altre pagine da aggiungere a quel docufilm sul territorio di Priolo e dintorni, di Fraucais Xavier e che ha per titolo “Toxicily”

 

Pace Terra Dignità
Antonino Nigito

 

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