Scicli, colle San Matteo: a sei metri di profondità

La sorpresa nell’area sovrastante il vecchio Duomo della città: trovata una thòlos

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SCICLI – Di recente, durante un sopralluogo, un gruppo della nostra associazione Esplorambiente ha scoperto un ipogeo sul colle di San Matteo a Scicli. Si tratta quasi certamente di una thòlos, cioè quella che in archeologia viene definita una struttura a pianta circolare con una pseudocupola.

In Sicilia e nella nostra zona (ci dicono gli studi di Pietro Militello e, più di recente, quelli di Vittorio Rizzone, Anna Maria Sammito e Giuseppe Terranova e quelli di Saverio Scerra) abbiamo delle thòlos non costruite, ma scavate nella roccia: alcune sono di piccole dimensioni (le cosiddette “tombe a thòlos”), altre sono più grandi ed erano destinate alla conservazione di acqua o derrate (come dimostrano gli “oculi”, cioè le bocche presenti al centro della pseudocupola).

La scoperta di questa nuova thòlos è importante. Fino ad oggi, infatti, si sapeva che a Scicli c’erano solo le thòloi (o meglio, le cisterne-silos) sotto San Matteo, in via Loreto, vicino a un noto ristorante all’inizio di via San Bartolomeo. Queste thòloi sono state ricordate da Perello nel 1640, disegnate da Houel nel Settecento, segnalate per la prima volta nel 1986 da Paolo Bellini e Francesco Drago sul “Giornale di Scicli” e, successivamente, nel 2002, grazie a una segnalazione di Elio Militello, definitivamente vincolate dalla Soprintendenza.

La nuova thòlos, invece, non si trova a valle bensì sul colle di San Matteo, circa 40 metri più in alto del Duomo, nel giardino di una delle abitazioni dirute e disabitate che si incontrano salendo al Castellaccio. L’ambiente sotterraneo è stato notato casualmente da Alessandro Iabichino e Paolo Militello durante un’escursione: quella che sembrava essere una semplice cisterna li aveva incuriositi per il fatto di avere un “camino” molto profondo, formato da blocchi di pietra che non sembravano affatto recenti.

La thòlos è stata poi esplorata dallo stesso Alessandro Iabichino e da suo padre Antonio, che con delle corde si sono calati all’interno, a una profondità di circa 6 metri. Osservando la struttura, Antonio non ha avuto dubbi: per lui si trattava proprio di una thòlos. Per questo motivo, Esplorambiente ha organizzato una prima indagine che è stata effettuata dal presidente, Rosario Zaccaria, in collaborazione con Antonio e Alessandro Iabichino, Guglielmo Russino e Antonio Migliore.

Pubblichiamo qui il risultato del rilievo, nella restituzione grafica di Rosario Zaccaria. Nel disegno della “Pianta a 5,80 metri di profondità dal piano di calpestio” (in alto a sinistra) possiamo notare il pavimento circolare di roccia, oltre 5 metri e mezzo di diametro, attualmente coperti da pochi detriti. Nella seconda “Pianta” (a destra), rilevata a 60 cm sopra l’attuale piano di calpestio, si vede la bocca del “camino” ostruita in parte dal muro a secco che delimita il giardino.

Nel disegno della “Sezione Ovest-Est” (in basso a sinistra) si nota il camino in muratura di 2,50 metri di profondità con gli ingressi per l’acqua. Sotto di esso, la thòlos scavata nella roccia che misura più di 3,50 metri di profondità e che presenta un “oculus” che si allarga verso il basso. La “Sezione Nord-Sud”, infine, ci fa vedere la roccia scavata e l’originario piano di calpestio. Fra il “camino” in muratura e il muro di contenimento è compresa una fascia di detriti alti più di due metri e mezzo.

Secondo noi, ci troviamo di fronte a un ipogeo destinato a cisterna (e, forse in origine, alla conservazione di acqua o derrate, come ad esempio del grano). Anche l’archeologo Pietro Militello, sentito telefonicamente, suppone che questo possa essere un ipogeo, e che possano essercene altri ancora nella collina. Tra l’altro, i già citati studi ipotizzano che l’area fortificata di Scicli poteva essere un punto di raccolta fiscale del grano del territorio circostante.

Noi di Esplorambiente stiamo già da alcuni anni effettuando una campagna di censimento degli ambienti sotterranei (cisterne, tombe etc.) nel territorio sciclitano. La scoperta di questo ipogeo è un risultato importante. Per questo, abbiamo fatto una comunicazione ufficiale alla Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali (in particolare all’archeologo Saverio Scerra), cui ha fatto seguito un sopralluogo, dopo di che abbiamo pensato di darne notizia su questo giornale. Perché una bella scoperta è sempre una bella notizia, per tutti quelli che amano Scicli e il suo territorio.

 

Esplorambiente – Scicli

 

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